Quando (e come) il socio della s.a.s. può uscire dalla società

DiRaffaele Boccia

Quando (e come) il socio della s.a.s. può uscire dalla società

Gentile avvocato, sono socia di una s.a.s e volevo sapere due cose. Vorrei sapere come fare per uscire dalla società e poi entro quanto tempo ho diritto alla liquidazione della mia quota? grazie (Asia, email)

Gentile signora,

la sua lapidaria domanda, senza fornire altri elementi, è occasione per un breve excursus sul recesso del socio nelle società di persone, disciplinato dagli artt.2285, 2289 e 2290 c.c..

Questa norma consente al socio di recedere quando la società è contratta a tempo indeterminato o per tutta la durata della vita dei soci. Tale seconda ipotesi ricorre allorquando la durata della società ecceda la normale vita di un socio.

In questi casi, l’uscita non richiede il consenso degli altri soci, ai quali il recesso va comunicato con un preavviso di almeno tre mesi. La comunicazione del recesso del socio è efficace dal momento in cui è stata portata a conoscenza legale del destinatario, dunque anche con la compiuta giacenza della lettera raccomandata inviata all’amministratore, e da lui non ritirata.

Inoltre, è consentito il recesso nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste una giusta causa.

L’indagine in tema di giusta causa di recesso va necessariamente ricondotta (così come per i rapporti di lavoro, di mandato, di apertura di credito, e per tutti quelli cui la legge attribuisca particolari effetti al concetto di “giusta causa”) alla altrui violazione di obblighi contrattuali, ovvero alla violazione dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o correttezza inerenti alla natura fiduciaria del rapporto sottostante, con la conseguenza che il recesso del socio di una società di persone può ritenersi determinato da giusta causa solo quando esso costituisca legittima reazione ad un comportamento degli altri soci obiettivamente, ragionevolmente ed irreparabilmente pregiudizievole del rapporto fiduciario esistente tra le parti del rapporto societario.

Evidenziamo che, in caso di recesso per giusta causa, occorre che tale causa sia espressamente indicata nella comunicazione di recesso oltre che idoneamente dimostrata in giudizio (così Trib. Isernia 28 dicembre 2006).

Si segnala una pronuncia del Tribunale di Trento (2 dicembre 2002) secondo cui “Non sussiste la giusta causa di recesso del socio da società di persone nell’ipotesi di trasformazione della s.n.c. in s.r.l, in forza di clausola statutaria che prevede la possibilità di modifica del tipo sociale a maggioranza (di quote e non capitaria), senza nulla dire circa un correlativo diritto di recesso del socio dissenziente”.

Al di fuori di questi casi, il recesso, comportando la modificazione del contratto sociale, necessita del consenso degli altri soci, consenso che è atto a forma libera, e può essere desunto anche da facta concludentia univoci. In tal caso, determinando lo scioglimento del rapporto sociale al momento stesso del suo perfezionamento, il recesso prevale rispetto all’esclusione successivamente deliberata dagli altri soci, in quanto il principio secondo cui, nel concorso di più cause di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, deve ritenersi operante quella che si verifichi per prima, trova applicazione anche nel caso di concorso fra recesso ed esclusione.

Conseguenza del recesso, dunque dello scioglimento del rapporto, è il sorgere del diritto  del socio o dei suoi eredi ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota, la cui liquidazione è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.

Salvo che vi siano creditori del socio recedente, i quali possono far valere il proprio diritto di credito sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione, il pagamento della quota spettante al socio deve avvenire entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

Si evidenzia che il diritto alla liquidazione non viene meno in caso di recesso avvenuto in maniera illegittima per non aver rispettato la norma statutaria che richiedeva il consenso scritto di tutti i soci, al quale, dunque, non può conseguire la perdita del diritto alla percezione degli utili sociali maturati e tanto meno del valore della propria quota. Invero, l’esercizio illegittimo del recesso potrebbe eventualmente essere fonte di responsabilità risarcitoria per il recedente ma non potrebbe far venir meno il suo diritto di credito verso la società relativo agli utili sociali ovvero alla liquidazione del valore della propria quota.

Infine, per quanto riguarda i rapporti con i terzi, il socio o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento. Il recesso (come qualsiasi altra forma di scioglimento del rapporto sociale) deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato (art.2290 c.c.).

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Info sull'autore

Raffaele Boccia administrator

Avvocato civilista, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Nola, mediatore professionista ex D. Lgs. 28/2010

6 Commenti finora

StefanoPubblicato il11:24 am - Feb 3, 2012

Sono socio accomandante di una Sas costituita da 3 fratelli e mia madre con un grosso capitale immobiliare. Per motivi familiari e di salute vorrei recedere dalla mia quota ma mio fratello commercialista e gestore della societa’(ma accomandante quanto me) non ritiene legittima la mia richiesta in quanto dice che la societa’ non ha attualmente le possibilita’ economiche per potermi liquidare e quindi e’ costretto a rimandare detta operazione in momenti piu’ favorevoli senza stabilirne i termini.Inoltre ritiene che il mio titolo (Socio Accomandante) all’interno della societa’ ha un peso limitatissimo (? le quote dei soci sono in percetuali uguali) e quindi le mie richieste debbano essere sistematicamente respinte. Ho fatto richiesta di “mediazione obbligatoria” c/o la CCIAA ma nessuno si e’ presentato trasgredendo quindi ai patti sociali citati dallo Statuto societario. Cosa posso fare per far valere i miei diritti ?

    Raffaele BocciaPubblicato il8:28 pm - Feb 20, 2012

    La risposta non è così semplice, soprattutto dovremmo vedere cosa prevede lo statuto e se sussista una giusta causa per recedere. Provi a mandarmi lo statuto via email e magari ne riparliamo

giuseppePubblicato il4:14 pm - Apr 13, 2012

salve, mia moglie è socia al 50% in una SAS con la sorella; di fatto, non partecipa in nessun modo alla vita della società, cioè zero utili, ma mod. unico ogni anno presentato, questo è la beffa, mentre il danno sta nel fatto che io sono un dipendente pubblico e da quasi 4 anni chiedo a mia cognata di togliere mia moglie dalla società, in quanto, a mio avviso, il gioco non vale la candela, ma sopratutto, io stesso non potendo prendere a carico mia moglie ci perdo soldi ogni anno.
Alla mia richiesta, mia cognata risponde dicendomi che ci vogliono un sacco di soldi per fare l’atto dal notaio, ma, guardando l’atto costitutivo della società, mi sono accorto che la società è costiuita a tempo indeterminato, quindi potrebbe concretizzarsi il recesso “ad nutum”
detto questo, potrebbe consigliarmi su come muovermi e soprattutto, a quali spese si va incontro, sia io che mia cognata?
Grazie per la cortese risposta

giuseppePubblicato il2:49 am - Lug 25, 2012

salve,sono socio accomandante di una s.a.s. con il 51% della società,siamo in due,io che ci lavoro a tempo pieno e lui saltuariamente perché svolge un’altra attività;il mio socio vuole dimettersi , vorrei sapere in quanto tempo dovrei liquidarci la sua somma e la procedura da svolgere in merito, e se mi deve ricompensare le giornate mia lavorate.
saluto in attesa di risposta.

AlexPubblicato il2:55 pm - Ago 18, 2012

Gentile Avv.to,
sono socio in una SAS composta da me ( ACCOMANDANTE con una quoata del 50%) e mia Madre ( accomandataria con una quota del 50% ).
Io lavoro presso una azienda privata nella quale sono inquadrato come impiegato alle vendite.
IL problema e’ che oltre a non guadagnarci niente ci devo pagare sopra le tasse e quest’anno(2012) ne dovrò pagare circa 7.000,00.
E’ diventata per me una situazione insostenibile .
La mia domanda è: se cedo il 45% delle quote a mia madre in queto periodo ( settembre 2012 ) la dichiarazione dei redditi del 2013 prox anno terrà in considerazione le entrate fino a settembre 2012 o avrò la possibilità di fare figurare di aver ceduto le quote a gennaio 2012 per poter dichiarare le mie entrate del lavoro privato e solo il 5% della società?
In attesa colgo l’occasione per porgere distinti saluti.

    Raffaele BocciaPubblicato il10:25 pm - Ago 21, 2012

    Non sono un commercialista, quindi le rispondo solo per la parte di mia competenza, e cioè che non vedo come possa far risultare una cessione di quote con data antecedente (gennaio), visto che per l’atto è necessaria la forma scritta per poi procedere alla iscrizione presso il Registro delle Imprese. Sul primo punto, riterrei a rigor di logica che nella dichiarazione dei redditi dovrà tener conto degli utili fino a settembre sul 50% e da ottobre a dicembre sulla restante quota del 5%. Ma ripeto, su questo punto le consiglio di consultare un commercialista.

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