Il subcontratto: uno studio

DiRaffaele Boccia

Il subcontratto: uno studio

1. Nozioni preliminari

Manca nel c.c. una norma che preveda, in linea generale, il paradigma della subcontrattazione.

Dal punto di vista sistematico sono accessibili molte soluzioni.

1) La libertà di subcontrarre come ampliamento dell’area operativa della libertà di contrarre;

2) Il binomio contratto-subcontratto come ipotesi di collegamento necessario fra negozi (dicesi tale perché non risulta frutto dell’autonomia contrattuale, ma è nell’intrinseca natura del subcontratto collegarsi col contratto sottostante);

3) Libertà di subcontrarre come potere di disposizione, in quanto tale negozio si risolve in un atto di disposizione di una situazione soggettiva attiva, di cui il titolare dispone grazie al contratto precedente.

Sinonimo del subcontratto è il contratto derivato (o il contratto dipendente o quello di godimento).

In dottrina e giurisprudenza si individuano due diversi orientamenti in ordine alla valutazione del fenomeno del subcontratto: una valutazione positiva, la quale sostiene che trattasi di fenomeno che giova alla cooperazione giuridica ed aumenta la sfera dei soggetti che possono accedere al godimento dei beni, “massimizza” cioè le utilità che scaturiscono da un contratto; la tesi negativa, la quale è preoccupata che lo strumento in questione determini una speculazione parassitaria data dalla differenza delle condizioni a cui si dispone del diritto rispetto a quelle a cui lo si è acquistato, o che sia utilizzato per scopi illeciti ( a tal proposito vd.L.antimafia, in materia di subappalto, nonché la dir.comunitaria 89/440 CEE relativa all’aggiudicazione di appalti per la costruzione di opere pubbliche, recepita con D.Legs. 406/91).

2. Definizione e natura

Il subcontratto è il contratto col quale una delle parti (costituente) di un preesistente contratto dispone (ma non cede), a favore di un altro soggetto (acquirente o beneficiario), della situazione giuridica attiva acquistata in virtù del contratto precedente, che sopravvive tra le parti originarie insieme al rapporto da esso scaturito.

Il collegamento tra contratto e subcontratto non è solo genetico, ma anche funzionale, in quanto il primo non cessa di esistere al momento della stipula del secondo.

L’orientamento tradizionale ravvisa tra contratto e subcontratto un collegamento negoziale, una sorta di “filiazione” per cui il contratto sarebbe padre del subcontratto In tal modo quest’ultimo darebbe vita, per il beneficiario, ad un nuovo diritto, diverso da quello che il costituente ha acquistato in base al contratto precedente. Tale diritto, quindi, pur se derivato dal diritto precedente, è nuovo, ma ha contenuto analogo o identico a quello preesistente. Corollari di tale impostazione sono:

a) il subcontratto ha la stessa causa del contratto originario (perché da esso nasce un diritto sì nuovo, ma di contenuto analogo o identico al primo), per cui non è figura contrattuale autonoma (come pure i contratti standardizzati e il contratto con sé stesso): ecco perché taluni parlano, anziché di subcontratto, di subcontrattazione;

b) il subcontratto, proprio perché dà vita ad un nuovo diritto, non determina una vicenda derivativo-traslativa, ma ad una derivativo-costitutiva (come avviene per i diritti reali su cosa altrui, quali l’usufrutto, che non esisteva già nella sfera giuridica del concedente). Tratterebbesi dunque di alienazione costitutiva e non traslativa;

c) se il diritto nuovo nasce dal preesistente, scaturisce tra i due contratti un nesso di accessorietà. Da qui, le vicende attinenti al rapporto contrattuale principale si ripercuotono sul rapporto accessorio, ed inoltre la durata del subcontratto può essere diversa, ma mai superiore a quella del contratto principale. Trattasi di collegamento necessario, genetico, funzionale ed unidirezionale, in quanto le vicende si ripercuotono in un sol senso (cioè solo dal contratto al subcontratto, e lo si desume anche dall’art.1595 u.c.).

Questa ricostruzione teorica sembra ritagliata sulla figura della sublocazione, che è stata assunta dalla dottrina come figura paradigmatica del subcontratto, ed in genere appare riferibile a tutte le ipotesi di subcontratto dalle quali sorgono diritti di godimento (come appunto dalla sublocazione). Difficoltà però sorgono nel momento di estendere il paradigma della sublocazione alle ipotesi di subcontratto da cui non scaturiscono diritti di godimento, come nel subappalto, che dà origine invece ad un diritto di credito. Nasce pertanto l’esigenza di intraprendere nuove strade allo scopo di ricondurre anche le altre ipotesi nella nozione di subcontratto.

Grasso respinge la tesi del subcontratto come contratto derivato, individuando un carattere peculiare, rinvenibile in ogni figura di subcontratto: l’esistenza di un accollo interno aperto ex lege all’adesione di un terzo [l’accollo interno ha rilevanza solo tra le parti debitrici, quello esterno anche nei confronti del creditore]. In virtù di tale accollo intervenuto tra costituente ed acquirente, il secondo si obbligherebbe a tenere indenne l’altro dal peso del debito che esso ha nei confronti del primo contraente. Tale accollo, pur essendo interno, è ex lege preordinato ad assumere prima rilevanza esterna e poi efficacia esterna, nel senso che l’accollo assume rilievo esterno quando il costituente si rende inadempiente nei confronti del primo contraente; assume efficacia esterna nel momento in cui quest’ultimo aderisce all’accollo, implicitamente o esplicitamente. L’accollo, in tale prospettiva, si risolve in una mera pattuizione che accede ad un diverso contratto, e come tale non ha una causa autonoma , ma la stessa causa del contratto a cui accede come mera clausola [Tale ricostruzione coinvolge anche il contratto a favore del terzo e il problema se esso è una figura contrattuale autonoma o una clausola a cui si deve la deviazione degli effetti].

Questa ricostruzione determina in capo al beneficiario la nascita non di un nuovo diritto (pur se analogo o identico a quello del costituente), ma di una situazione giuridica passiva (l’obbligo che su di lui grava), ed è estensibile indifferentemente a tutte le figure di subcontratto è non solo a quelli aventi ad oggetto diritti di godimento, come sosteneva la tesi tradizionale.

3. Area operativa

Nella prospettiva proposta dal Grasso, il subcontratto risulta applicabile a tutte le figure da cui nasce una situazione giuridica attiva, non solo un diritto di godimento. L’unico elemento che tale situazione deve presentare è che oggetto del negozio sia un diritto disponibile. Oltre alle figure esplicitamente menzionate dalla legge (sublocazione (artt.2,36 L.392/78); subappalto (1656), si aggiungono altre ipotesi desumibili dalla disciplina normativa e dalla pratica corrente (submandato, subdeposito, subtrasporto, ecc.). Va esclusa la configurabilità del subcontratto per:

a) i contratti costitutivi di diritti reali su cosa altrui;

b) il pegno ( art.2792, 1°comma, ult.parte);

c) l’enfiteusi (art.968 c.c.). Tale divieto sembra inconciliabile con il 1° comma dell’art.965, che consente all’enfiteuta di disporre del proprio diritto per atto tra vivi, ma è giustificato dall’esigenza di evitare il moltiplicarsi di vincoli sulla proprietà fondiaria con relativo svuotamento del diritto di proprietà; di non pregiudicare il conseguimento delle finalità proprie dell’enfiteusi, cioè il miglioramento del fondo. Infatti più ci si “allontana” dall’originario contratto d’enfiteusi, più si rischia che i miglioramenti non vengano apportati; di scongiurare finalità meramente speculatorie attraverso il godimento della “rendita di posizione” scissa da qualunque attività lavorativa e derivante dai canoni più elevati che l’enfiteuta impone al subenfiteuta.

d) la servitù. Il divieto di subservitù si desume dai principi generali che governano il diritto reale di servitù, in particolare dal principio espresso dal brocardo “servitus servitutis esse non potest”, che esprime l’esigenza di non gravare oltremodo il fondo servente.

3.1 Area operativa del subcontratto nei contratti aventi ad oggetto diritti reali di godimento

A norma dell’art.1594 “il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa”. Se il bene è immobile, la sublocazione può essere stipulata senza autorizzazione del locatore (a contrario dall’art.15942). La salvezza contenuta nella norma fa riferimento al divieto contrattuale di sublocazione (altra esplicazione dell’autonomia contrattuale) che pone problemi di disciplina risolti dalla dottrina col richiamo alla disposizione, applicabile anche al di fuori della specifica materia dei divieti contrattuali di alienazione, contenuta nell’art. 1379.

In base a tale norma, quindi, il divieto di sublocare può essere convenzionalmente previsto a due condizioni: che esista un interesse apprezzabile di una delle parti e che esso sia limitato nel tempo.

Altre limitazioni al potere di subcontrarre sono rinvenibili in tema di sublocazione (art.15942), di subaffitto (1624), di subappalto (1656).

4. Cenni al subappalto

Il legislatore non pone un divieto legale di subappaltare, ma limita tale potere subordinandolo ad un’autorizzazione (che è atto unilaterale recettizio) (art. 1656).

Sul ruolo svolto da quest’autorizzazione e sulle conseguenze della sua mancanza sono state proposte diverse soluzioni. L’orientamento che propende per l’invalidità in senso ampio del subappalto presenta due correnti di pensiero. Una sostiene la tesi della nullità relativa, eccepibile dal solo committente e non rilevabile d’ufficio, sul fondamento che il contratto di appalto (e quello di subappalto) costituisce ipotesi di contratto “intuitus personae”, in quanto la prestazione che scaturisce dal negozio consiste in un facere. Ma tale tesi richiama un concetto di nullità eccezionale, quale quella relativa (ex art.1421 la regola è quella della nullità assoluta – diversamente per l’annullabilità, per la quale la regola è la relatività), che necessiterebbe del supporto testuale di una norma di diritto positivo che invece manca. Inoltre è errato sostenere la natura di contratto “intuitus personae” dell’appalto, sia perché occorrerebbe che la prestazione consista non in un semplice facere, ma in un facere infungibile, sia perché così lascia intendere l’art. 1674, che all’evento morte non collega necessariamente lo scioglimento del contratto, e ancora perché quando ci si trova davanti ad un ipotesi di contratto “intuitus, la legge è chiara, come nel mandato all’art.1722 n.4.

Neppure la tesi che riconduce la nullità del contratto carente di autorizzazione ad una sorta di difetto di legittimazione dell’appaltatore a subappaltare può essere accolta. Secondo tale opinione, infatti, l’autorizzazione (come la procura, che viene infatti considerata un’autorizzazione) attribuirebbe la legittimazione a compiere il negozio. L’incongruenza della tesi sta nella sanzione per difetto dell’autorizzazione: se essa conferisce la legittimazione, la sua mancanza dovrebbe dar luogo ad un’inefficacia in senso stretto e non, come si sostiene, alla nullità.

Altri Autori parlano genericamente di annullabilità virtuale. Ma l’annullabilità, a differenza della nullità, può essere solo testualmente prevista dalla legge. [nullità testuale: la norma prevede precetto e sanzione; nullità virtuale: c’è solo il precetto, ma la nullità deriva dalla contrarietà a norme imperative]. Altri ancora sostengono che il difetto di autorizzazione non incide sulla sorte del subappalto, ma legittimerebbe solo il committente ad agire contro l’appaltatore in quanto inadempiente rispetto all’obbligazione di non facere, cioè di non subappaltare senza autorizzazione, ex art.1656.

Infine un’orientamento molto recente, che si richiama alla tesi dell’accollo interno aperto all’adesione del committente”, sostiene che il difetto di autorizzazione equivale alla mancata adesione del committente a tale accollo, con la conseguenza che esso non assume né rilevanza, né efficacia esterna, per cui rimarrebbe giuridicamente irrilevante per il committente.

5. Limiti e divieti legali di subcontrattare

A) Limiti: L’art.18042, in tema di comodato, obbliga il comodatario a chiedere il consenso al comodante nel caso in cui voglia concedere ad un terzo il godimento della cosa.  La legge sull’equo canone (art.2 L.392/78) richiede il consenso del locatore per la sublocazione totale dell’immobile. Se essa è solo parziale, quindi, alcun consenso è necessario.

B) Divieti legali: La stessa legge prevede, all’art.773, il divieto di sublocare per i conduttori che usufruiscono del contributo locativo, perché in disagiate condizioni economiche (la ratio è quella di evitare speculazioni).

L’art.21 L.203/82 (contratti agrari) dispone il divieto dei contratto di subaffitto, di sublocazione e di subconcessione di fondi rustici. Problemi li pone il 2° comma della norma, che prevede, in caso di violazione del divieto, che la nullità dei contratti può essere fatta valere solo dal locatore. Se esso non si avvale di tale facoltà, il subaffituario subentra nella posizione giuridica dell’affittuario. Orbene, come può ipotizzarsi tale sostituzione, se il contratto è nullo? Per questo motivo la dottrina e parte della giurisprudenza sostengono che sarebbe stato più corretto parlare di annullabilità che di nullità. Altro divieto si rinviene nella L.11/71 (patti agrari), all’art.21, che vieta il subaffito dei fondi rustici.

6. Disciplina della subcontrattazione (ed azione diretta ex art.1595)

La disciplina applicabile al subcontratto è quella prevista per il contratto preesistente.

Problemi li pone il rapporto tra 1° e 3° contraente in quanto tra di loro non esiste alcun contratto eppure la legge riconosce al primo, ex art.1595, un’azione nei confronti del subconduttore “per esigere il prezzo della sublocazione”. Questa è un’ipotesi di azione diretta, riconosciuta ad un soggetto estraneo al rapporto contrattuale (altri esempi di azioni dirette sono gli artt.1706, 2789, 1717 u.c.). Sulla natura delle azioni dirette molto si discute:

a) alcuni le riconducono alla figura dell’azione surrogatoria (2900), a cui si ricorre quando il debitore, per inerzia, non fa valere diritti o non esercita azioni a lui spettanti. Ma a ben vedere il presupposto dell’inerzia non è richiesto da nessuna delle norme contenenti ipotesi di azioni dirette;

b) altri all’art.81 c.p.c., che non consente la sostituzione processuale se non nei “casi espressamente previsti dalla legge”, e quello delle azioni dirette sarebbe uno di quelli. Ci si dimentica però del carattere eccezionale delle norme che prevedono azioni dirette, che osta alla loro applicazione analogica;

c) altri, infine, richiamandosi alla tesi dell’accollo aperto ex lege all’adesione del locatore e negando l’eccezionalità delle norme sulle azioni dirette, sostengono che tali azioni costituiscono l’implicita adesione all’accollo, in virtù della quale il locatore viene attratto nel rapporto. L’azione diretta, perdendo il suo carattere di eccezionalità, sarebbe estensibile a tutte le ipotesi di subcontrattazione essendo tutte caratterizzate dall’accollo.

6. Distinzione da figure affini:

    cessione del contratto (art.1406 ss)

Affinità: entrambe le figure sono destinate a dar luogo ad una vicenda derivativa;

Differenze: nella cessione del contratto la vicenda derivativa è traslativa, nel subcontratto è costitutiva. Conseguentemente, soltanto la prima dà luogo ad una successione in senso tecnico nel rapporto contrattuale (si subentra nello stesso rapporto). [Questo accedendo alla concezione unitaria della cessione del contratto]. Col subcontratto, invece, il nuovo rapporto contrattuale (il subcontratto) si affianca a quello preesistente.

Dal punto di vista strutturale, invece, il subcontratto è negozio bilaterale, la cessione trilaterale.

   cessione del credito

Affinità: entrambe le figure sono bilaterali;

Differenze: la cessione del credito dà luogo ad una vicenda derivativo – traslativa;

  stipulazione a favore del terzo

Differenze: nel subcontratto l’acquisto del beneficiario ha fonte nel subcontratto di cui egli è divenuto parte contraente, e non nel contratto originario; nella stipulazione invece l’effetto acquisitivo per il 3° contraente ha la fonte nel contratto originario a cui è apposta la clausola di stipulazione a favore del terzo. L’effetto trova la sua fattispecie nel contratto originario.

Inoltre, mentre nel subcontratto l’acquisto del beneficiario si verifica se e quando egli diventa parte del subcontratto, nella stipulazione opera ipso iure, al momento stesso della stipulazione della clausola a suo favore.

Infine, mentre nel subcontratto il beneficiario assume anche obblighi (che hanno fonte nel subcontratto), nella stipulazione, se ci sono obblighi per il terzo, essi scaturiscono dalla natura del diritto stesso di cui è divenuto titolare, e non dal contratto.

GIURISPRUDENZA

Il diritto di prelazione compete al subconduttore e non al conduttore quando il secondo non abbia più alcun interesse nella gestione dell’azienda per averla definitivamente ceduta al primo e quando il subconduttore abbia assunto legittimamente tale qualifica secondo la normativa vigente all’epoca del subentro mediante regolare comunicazione al locatore (Cass 1937/97).

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Info sull'autore

Raffaele Boccia administrator

Avvocato civilista, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Nola, mediatore professionista ex D. Lgs. 28/2010

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