Archivio per Categoria Responsabilità

DiRaffaele Boccia

Lesioni nel condominio: come l’amministratore può andare esente da colpa

CondominioProponiamo uno stralcio di una interessante sentenza della Cassazione penale (sez.V, n.46385 del 25/11/2015) in merito alla responsabilità penale dell’amministratore condominiale in tema di lesioni conseguenti a caduta di detriti dalla facciata dello stabile conseguenti a omessa manutenzione.

La Suprema Corte ha dato chiare indicazioni sulla condotta da tenere perché l’Amministratore possa andare esente da responsabilità penale.

L’amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40 c.p., comma 2, in virtù del quale ha l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni di pericolo per l’incolumità di terzi (sez. 4, n. 34147 del 12.1.2012, Turchini, rv. 254971 nella specie rappresentata dall’omesso livellamento della Leggi tutto

DiRaffaele Boccia

Il conduttore non risponde dell’incendio se ha custodito con diligenza

contrattoL’art. 1588 c.c. (coordinato con l’art. 1218 c.c.), in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile con la dimostrazione che il conduttore abbia adempiuto agli obblighi di custodia a suo carico con la diligenza richiesta dal caso concreto, e che sia stata identificata in modo positivo la causa dell’incendio ed essa non sia a lui imputabile. Non attiene al contenuto della prova liberatoria, invece, ai fini della liberazione dalla responsabilità contrattuale del conduttore verso il locatore per i danni subiti o il perimento della cosa locata, l’individuazione dei soggetti in concreto responsabili dell’incendio stesso.

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DiRaffaele Boccia

Sinistro causato da una volpe? Escluso il risarcimento

danniLa Corte di cassazione, sez. VI, con sentenza n.27801 resa pochi giorni fa (11/12/2013), confermando la decisione dei giudici di merito, ha escluso l’ascrivibilità al custode (Ente proprietario della strada) di un sinistro occorso per la presenza sulla strada di una volpe, ritenendo il fatto attribuibile a circostanze causali e non prevedibili da parte dei gestori.

In tema di responsabilità civile – ha ribadito la Suprema Corte – dovendosi ancorare il concetto di caso fortuito al criterio generale della prevedibilità con l’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia, la quale si risolve in un giudizio di probabilità, non si può far carico al soggetto dell’obbligo di prevedere e prevenire, nell’infinita serie di accadimenti naturali o umani che possono teoricamente verificarsi, anche quegli eventi di provenienza esterna che presentino un così elevato grado di improbabilità, accidentalità o anormalità da poter essere parificati, in pratica, ai fatti imprevedibili.

Corte di cassazione, sez. VI, sentenza n.27801 del 11/12/2013

DiRaffaele Boccia

Sterilizzazione sbagliata, c’è responsabilità medica se è violato il dovere di corretta informazione

medicaLa vicenda su cui si è pronunciata la Cassazione (sentenza 24109 del 24 ottobre 2013) è quello di una donna che, in occasione di un parto, decideva di sottoporsi a sterilizzazione chirurgica mediante legatura delle tube uterine, decisione adottata dalla volontà dei coniugi, genitori di tre figli, di non avere successive gravidanze indesiderate.

Tuttavia, pur se rassicurata della irreversibilità dell’intervento, la signora dopo pochi mesi rimaneva di nuovo incinta di due gemelli, venendosi a trovare con cinque figli a carico, in una situazione di grave disagio economico, anche a causa della sopravvenuta necessità di lasciare il lavoro.

A riguardo, mette conto di richiamare l’attenzione sulla peculiarità della vicenda sanitaria, posto che, nel caso di specie, non si verte nell’ipotesi, Leggi tutto

DiRaffaele Boccia

Colpa medica per chi opera paziente senza speranza

Il chirurgo che opera un paziente affetto da patologie che non lasciano speranza di vita agisce in violazione del codice deontologico anche nel caso in cui sia stato il paziente stesso a dare il proprio consenso all’intervento. E’ quanto ha stabilito la IV sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza 13746) confermando la condanna di tre medici dell’ospedale San Giovanni di Roma che nel dicembre del 2001 avevano sottoposto a laparoscopia prima e laparotomia poi una 44enne, malata terminale per “plurime affezioni neoplastiche”, causandole lesioni “non tempestivamente identificate”, con conseguente emorragia letale.

“VIOLAZIONE REGOLE DI PRUDENZA” – Nel maggio di due anni fa era stata la Corte d’appello di Roma a confermare la sentenza emessa il 20 marzo 2008 dal Tribunale di Roma con la quale, concesse le attenuanti generiche, erano stati condannati rispettivamente a dodici, dieci e otto mesi di reclusione Cristiano H., Carmine N. e Andrea M., primario chirurgo il primo, suoi ‘aiutanti’ gli altri due. Omicidio colposo il reato contestato e ora prescritto, poiché sono trascorsi più di nove anni. “Il prioritario profilo di colpa in cui versavano gli imputati – scrivono i giudici di piazza Cavour – è stato evidenziato dalla stessa Corte (d’appello, ndr) nella violazione delle regole di prudenza, applicabili nella fattispecie, nonchè delle disposizioni dettate dalla scienza e dalla coscienza dell’operatore”.

“DISPREGIO CODICE DEONTOLOGICO” – Nel caso concreto, “attese le condizioni indiscusse ed indiscutibili della paziente (affetta da neoplasia pancreatica con diffusione generalizzata, alla quale restavano pochi mesi di vita e come tale da ritenersi ‘inoperabile’) non era possibile fondatamente attendersi dall’intervento (pur eseguito in presenza di consenso informato della donna, madre di due bambine e dunque disposta a tutto pur di ottenere un sia pur breve prolungamento della vita) un beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita”. I chirurghi, pertanto, “avevano agito in dispregio al codice deontologico che fa divieto di trattamenti informati a forme di inutile accanimento diagnostico-terapeutico”. I giudici di secondo grado avevano ravvisato la sussistenza del nesso di causa “nell’omessa, tempestiva identificazione delle lesioni” causa dell’emorragia, “avuto riguardo anche alle condizioni cliniche della paziente (rese manifeste dalla diagnosi di plurime affezioni neoplastiche formulate anche da un chirurgo ricercatore straniero che si occupava di cancro del pancreas) già note prima dell’intervento e soprattutto dei valori ematici nonchè della sintomatologia di anemizzazione che la stessa aveva presentato nel decorso post-operatorio”.