Obbligo al mantenimento dei figli: quando si prescrive e quando cessa

DiRaffaele Boccia

Obbligo al mantenimento dei figli: quando si prescrive e quando cessa

In tema di separazione e di divorzio, il diritto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento per il coniuge, così come il diritto agli assegni di mantenimento per i figli, in quanto aventi ad oggetto prestazioni autonome, distinte e periodiche, non si prescrivono a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di divorzio, ma dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in relazione alle quali sorge di volta in volta il diritto all’adempimento.

Va sfatata, dunque, la ricorrente opinione che vuole che, decorsi dieci anni dalla sentenza di separazione o divorzio, il detto diritto sia prescritto.

La Cassazione ha affermato che il termine di prescrizione dei ratei mensili è di 5 anni, ai sensi dell’articolo 2948 del Codice civile, e che tale prescrizione può essere interrotta  anche con una semplice lettera raccomandata che valga a mettere in mora il debitore.

Tuttavia, l’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento del figlio anche dopo la maggiore  età  di  quest’ultimo, obbligo perdurante fino a quando il  figlio acquisisca l’idoneità ad inserirsi nel mondo del lavoro, così conseguendo  l’indipendenza  economica, viene  meno allorché il  figlio sia stato avviato ad un’attività lavorativa tale da consentirgli una concreta prospettiva di autonomia economica, ovvero allorché  il figlio sia stato messo in condizione di reperire un lavoro idoneo alle attitudini del figlio stesso ed alle sue esigenze economiche, od anche allorché il figlio abbia ricevuto dai genitori la possibilità di conseguire un titolo sufficiente all’esercizio di una attività lucrativa, se esso di fatto non abbia voluto approfittarne, ovvero allorché il figlio abbia raggiunto un’età tale da far presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a se stesso, salvo il caso di grave, inibente, minorazione fisica o psichica, ovvero infine, allorché il figlio si sia inserito in altri nuclei  familiari o comunitari, in tal modo interrompendo, comunque, il suo legame e la sua dipendenza materiale e psicologica dalle  figure parentali.

Non ha perciò diritto al mantenimento il figlio maggiorenne scarsamente motivato o per nulla intenzionato a dedicarsi ad attività remunerativa, ovvero il  figlio  dedito ad attività  sterili,  frutto  di scelte velleitarie, data la carenza di effettive,  adeguate  capacità, o di valutazioni della situazione occupazionale del settore  prescelto dettate da aspirazioni non conformi a realtà, fermo restando che la valutazione e qualificazione delle circostanze che giustificano il ricorso all’obbligo di mantenimento dei genitori vanno effettuate caso per caso, con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età  del  figlio beneficiario, allo scopo di impedirne forme di vero e proprio parassitismo di giovani e non più giovani ai danni di genitori sempre più  anziani.

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Info sull'autore

Raffaele Boccia administrator

Avvocato civilista, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Nola, mediatore professionista ex D. Lgs. 28/2010

1 commento finora

lucaPubblicato il3:27 pm - Apr 10, 2012

Purtroppo devo informarvi che mantenere i figli non é obbligatorio.

Ecco in sintesi la sentenza del Tribunale di Torino:
1) affido condiviso
2) tempi e modi della frequentazione del genitore non coabitante
3) il genitore non coabitante sollevato da ogni onere contributivo verso i figli
4) i due figli, di conseguenza, integralmente a carico del genitore coabitante
5) il genitore coabitante tenuto al mantenimento del genitore non coabitante.
6) spese mediche e scolastiche del primogenito integralmente a carico del genitore coabitante
7) spese mediche e scolastiche del secondogenito al 50%, solo se necessarie, concordate e documentate.(ovvero nessuna).

Eppure la Corte di Cassazione e la giurisprudenza, più volte hanno affermato il principio che il genitore non convivente è sempre e comunque tenuto al mantenimento dei figli.
Come é possibile una simile sentenza?
Il genitore collocatario é il padre. Già, in questo caso sembra che la “legge” non valga. Il Tribunale dimostra quindi che la collocazione dei figli non c’entra nulla con il movimento di denaro che deve andare sempre nella stessa direzione.
Cosa ne pensate?
Grazie Luca

Ho pubblicato una pagina internet in cui spiego meglio la questione.
http://www.lucacervino.it

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