Come è noto, il locatore che intimi al conduttore di un immobile destinato alla vendita al pubblico la finita locazione sarà tenuto a versare a questi la cd. indennità per la perdita dell’avviamento commerciale di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 34.
Recentemente la Cassazione (sez. III, 22 novembre 2013, sentenza n.26225) è stata chiamata ad esprimersi sul quesito posto proprio da un locatore se fosse dovuta la detta indennità a soggetto che eserciti il commercio e la vendita in locale sprovvisto di autorizzazione amministrativa o ad artigiano non iscritto all’apposito albo presso la competente Camere ad Commercio, o anche se iscritto all’albo, eserciti il commercio e la vendita di beni anche non di sua produzione in locale non adiacente sprovvisto di autorizzazione amministrativa o che comunque non provi di essere di essere nell’una o nell’altra condizione abilitante.
La Suprema Corte ha negato il diritto all’indennità.
Secondo il consolidato orientamento della Cassazione, la tutela dell’avviamento commerciale, apprestata dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 34 e 40, per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, utilizzati per un’attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell’attività senza le prescritte autorizzazioni, poichè il presupposto della tutela risiede nella liceità dell’esercizio dell’attività medesima, in quanto si fornirebbe altrimenti protezione a situazioni abusive (frustrando l’applicazione di norme imperative che regolano le attività economiche) e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all’avviamento ed alla prelazione, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate (Cass. n. 7501/2007, conformi Cass. n.635/07, Cass. n. 10187/2005, Cass. n. 1235/2003; Cass. n. 12966/2000, Cass. n. 5265/1993, tra le tantissime).
Giova aggiungere che, giusta i principi fondamentali del vigente ordinamento processuale, il giudice adito è tenuto, anche d’ufficio, e, pertanto, anche nell’eventualità in cui la parte convenuta (locatore) fosse rimasta contumace, a verificare la sussistenza, in concreto, dei requisiti di fondatezza della domanda avanti a lui proposta (cfr. Cass. n.635/2005 in motivazione, conformi Cass. n. 1014/2003, Cass. n. 10280/2002 tra le tantissime).
Ne deriva che, trattandosi di un requisito di fondatezza della domanda riconvenzionale, volta ad ottenere la corresponsione dell’indennità di avviamento commerciale di cui alla L. n. 392 del 1978, a fronte della specifica contestazione dei locatori, l’attore in riconvenzionale aveva l’onere di provare il possesso delle prescritte autorizzazioni, onde la censurabilità della decisione della Corte di appello.
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